giovedì, dicembre 28, 2006

Esagerato


Fini annuncia querele in seguito alla diffusione della notizia di un suo presunto intervento chirurgico...
Ma, alla luce dei fatti... è così assurdo, ma proprio così assurdo, credere ad una diceria simile?

Ha cominciato Berlusconi (il solito "sborone" se ne è andato addirittura a Cleveland ad operarsi); adesso è la volta di Amato
cui è toccato sottoporsi ad una angioplastica e, ultime nuove vogliono Bertinotti operato proprio oggi alla prostata


Insomma... non c'è da stare allegri e Fini farebbe meglio a darsi una calmata... la sua salute ne gioverebbe.

A caval donato non si guarda in bocca?




Archiviato il Natale, i cenoni, i pranzi e scartati tutti i regali, conviene ammetterlo: sotto l’albero quei pacchetti stavano molto meglio
Una volta visto cosa c’era dentro, spesso si resta delusi.
Cosa fare di quegli oggetti improbabili che proprio non sappiamo dove mettere e come usare?
Ma piazzarli su internet naturalmente.
Ecco un po’ di indirizzi utili sui quali “mollare” le “zavorre” di Natale oppure trovare, tra gli scarti degli altri, l’affare della propria vita

http://www.ebay.com
http://www.amazon.com
http://www.it.yahoo.com
http://www.alapage.com
http://www.portero.com
http://www.bacheca.it
http://www.secondamano.it
http://www.craigslist.com
http://www.milpot.net

mercoledì, dicembre 27, 2006

Ricordando I Jefferson


L'america dei neri che si incontra con quella dei bianchi. I neri che arrivano nei quartieri alti con le loro storie umili e le risate grasse.
era il 1975 quando da "all in the family" nasce "the jeffersons", la storia di una famiglia afroamericana che dal queens si trasferisce a Mhanattan.
Il protagonista è il capofamiglia George (Sherman Hemsley), poi c'è la moglie Louise o Weezy, il figlio Lionel (Mike Evans) e la vulcanica domestica Florence (Maria Gibbs).
Nel cast, in oltre, anche Roxie Roker, mamma di Lenny Kravitz.
Le lavanderie di George vanno bene e la famiglia si può concedere dei lussi ma con parsimonia, con il cinismo di George, le sue battute salaci, la saggezza di Louise ed il disincanto di Florence.
Una serie televisiva di rispetto, che ricordiamo oggi che Mike Evans, che interpretava Lionel, è morto all'età di 57 anni per un cancro alla gola.

sabato, dicembre 23, 2006

Welby muore, ma la battaglia continua


E così Welby è morto; qualcuno ha avuto il coraggio di staccare la spina e la pietà di compiere quel gesto.
Una sola persona dunque, in tutti questi mesi di sofferenza e disperate richieste da parte dell’uomo malato di distrofia muscolare, ha fatto quello che chiedeva con disperazione: Un medico che, per altruismo, ora sta rischiando molto.
Questa è una storia piena di “no”, piena di veti e di chiusure. Una storia che ribadisce quanto poco l’uomo si fidi dell’uomo e quanto sia necessario per certe “entità”, come stato e Chiesa, mantenere le proprie posizioni piuttosto che adattarsi al buon senso.
Io speravo che la volontà di Welby venisse esaudita. Il suo, evidentemente, non era un capriccio o una manovra politica; Welby voleva morire, lo voleva senza ombra di dubbio. Ha combattuto per se stesso e per tutti quelli che, come lui, chiedono di addormentarsi in pace.
E’ chiaro che le questioni che riguardano la vita sono questioni che non ammettono leggerezze e forse, una legge che riguardi l’eutanasia meriterebbe di essere stilata da una mente illuminata e non da un burocrate qualsiasi del ministero della sanità.
C’è di più: a Welby sono stati negati i funerali religiosi, ennesimo atto di violenza nei confronti di un uomo che credeva profondamente.
Il punto focale della faccenda è la vita.
Ma cos’è la vita? Siamo sicuri che sia ancora vita quella in cui il nostro cuore continua a battere solo grazie ad una macchina ed il resto del nostro corpo giace inerte, in una tortura che potrebbe essere infinita?
Siamo proprio sicuri che sia vita quella?

Qui di seguito una pagina del blog di Piergiorgio Welby:
Il mio nome è Piergiorgio, la mia storia è simile a quella di tanti altri distrofici.
Ricordare come tutto sia iniziato non è facile perché la memoria non è accumulazione ma selezione e catalogazione. Forse fu una caduta immotivata o il bicchiere, troppo spesso sfuggito di mano etc. ma quello che nessun distrofico può scordare è il giorno in cui il medico, dopo la biopsia muscolare e l'elettromiografia, ti comunica la diagnosi: Distrofia Muscolare Progressiva.
Questa è una delle patologie più crudeli; pur lasciando intatte le facoltà intellettive, costringe il malato a confrontarsi con tutti gli handicap conosciuti: da claudicante a paraplegico, da paraplegico a tetraplegico, poi arriva l'insufficienza respiratoria e la tracheotomia.
Il cuore, di solito, non viene colpito e l'esito infausto, come dicono i medici, si ha per i decubiti o una polmonite.
Io ho raggiunto l'ultimo stadio: respiro con l'ausilio di un ventilatore polmonare, mi nutro di un alimento artificiale (Pulmocare), parlo con l'ausilio di un computer e di un software.
Per anni e anni ho sperato che la ricerca scientifica trovasse un rimedio. Oggi, che le prospettive di una cura potrebbero, grazie agli studi sulle cellule staminali, sia adulte che embrionali, trasformarsi da speranza in realtà, sempre più ostacoli si frappongono sul cammino di una ricerca libera.
Questa malattia non è una maledizione biblica, è una malattia genetica che può essere sconfitta grazie alla diagnosi prenatale: i villi coriali, l'amniocentesi e soprattutto la diagnosi preimpianto.
In Italia ci sono oggi circa 2.000 bambini con distrofia muscolare Duchenne. L'incidenza della distrofia miotonica, la più comune distrofia muscolare dell'adulto, è di approssimativamente 135 casi ogni milione di nascite (maschi o femmine). L'incidenza della distrofia dei cingoli è di circa 65 casi per milione di nascite e quella della distrofia facioscapolomerale è ancora inferiore. Considerando insieme tutte le principali malattie neuromuscolari ereditarie, verosimilmente ne risultano colpiti in Italia circa 30 persone ogni 100.000 abitanti, ossia oltre 17.000 persone.
Se delle dispute capziose e, spesso, ideologiche dovessero ritardare la scoperta di una cura e condannare anche un solo bambino a vivere il dramma che io ho vissuto e sto vivendo...beh, pensateci! Pensateci questa estate quando vi tufferete, affronterete un sesto grado, percorrerete un sentiero con la mountain bike...

giovedì, dicembre 21, 2006

Pacs nel presepe

Nutro una spontanea simpatia per certi gesti di "rottura", certe "provocazioni", come si usa chiamarle e nutro un'altrettanto spontanea avversione per la chiusura spocchiosa e censoria a tali gesti.
Sono bastate un paio di Barbie ed un paio di Ken davanti il presepe della Camera a mandare in subbuglio tutti quanti, così come successe al parlamento quando Luxuria andò al bagno delle donne.
Di mezzo ci finiscono sempre i gay: non li vuole nessuno.
Sembra che i gay non abbiano neppure il diritto di stare nel presepe... anche se fino ad oggi, nessuno si era mai interrogato sui gusti sessuali dei giovani pastorelli.

mercoledì, dicembre 20, 2006

E il casco dov'è ?!?

ahhh... questi vips

Chi si fida della sanità italiana?

Berlusconi no...
E' vero, è l'italiano Andrea Natale che dirige il dipartimento dell'ospedale di Cleveland specializzato in pacemaker ed elettrofisiologia, ma questa clinica è pur sempre in Ohio.
Qual'è il messaggio che arriva a noi cittadini italiani?
Semplice: la nostra sanità non è affidabile, i nostri ospedali non sono all'altezza dell'uomo più ricco d'Italia (come una infermiera americana ha descritto il nostro ex premier).
Come dare torto a Berlusconi?
Chinque, potendo scegliere, sceglie il meglio.
Peccato, grande peccato, che in Italia non solo non ci sia il meglio, ma non ci sia neppure il minimo indispensabile.

martedì, dicembre 19, 2006

Muccino l'americano

Premessa: non ci ho capito niente. L’ultima notizia è che Muccino avrebbe sbancato in America. Appena uscito il suo film, avrebbe scalato tutte le classifiche e sarebbe diventato primo ai botteghini.
Sono qualche mese fa si parlava di un clamoroso flop, si diceva che il nostro regista non avrebbe neppure potuto girarlo un film e invece…
Se è vero ne sono contenta: quando un Italiano sfonda in America fa sempre piacere. C’era una volta De Palma, Sergio Leone, Scorzese, De Niro, Al Pacino, la super diva Sophia Loren e adesso ci prova (e sembra ci riesca) il regista romano.

Credo di essere una delle pochissime persone a cui “l’ultimo bacio” non è piaciuto neppure un po’ (se non per la scelta del cast).
Pregio e difetto di Muccino è il suo stile. Costringe i suoi attori a frenetici sciogli lingua e a dialoghi logorroici, infarciti di stress metropolitano.
I personaggi sono nevrotici, frustrati e le storie finiscono per essere superficiali, seppure contorte.

Si dice che l’asso nella manica dell’ultimo Muccino sia Will Smith. In effetti, l’attore afro americano è un talento eccezionale, un vero artista poliedrico.
A questo punto consiglio la visione di “Sei gradi di separazione”, con un Will Smith giovane e bravissimo.

lunedì, dicembre 18, 2006

La persona dell'anno

Allora, dovremmo essere contenti no? Fieri di noi stessi per questo riconoscimento che, come tutti sappiamo, è uno tra i più ambiti ai quali si possa aspirare. Chi sono le facce che, prima della nostra, sono finite nella copertina di “Time”? Bill Gates, Bono Vox, Bush, Papa Giovanni PaoloII, Mandela, Arafat, Rabin, Gorbaciov, Nixon, Kissinger, Rudolph Giuliani, Jeff Bezos, Bill Clinton e via di seguito, fino A Gandhi, Kennedy Hitler

Ma “Time” non è nuovo all’assegnazione collettiva del suo primato: recentemente, nel 2003, aveva assegnato il riconoscimento al “soldato USA”, nel 1969 aveva fatto ancora di più ed aveva premiato “l’americano medio”, nel 1975 persona dell’anno era stata “la donna Americana”, nel 66 “la generazione di chi ha meno di 25 anni”, nel 60 gli “scenziati americani”, nel 56 “I patrioti ungheresi”, 1950: “I combattenti americani”. Ma negli anni ottanta Time, per ben due volte ci ha stupito; “Il pianeta Terra in pericolo” è la “persona” dell’anno nell’88 e nell’82, “persona” dell’anno è il computer
Stravaganze; umanizzazione del progresso; uno, nessuno, centomila.

Oggi “Time” ci dice che “I protagonisti” siamo noi tutti; naturalmente ci fa piacere, ci inorgoglisce veder riconosciuti meriti di cui eravamo a conoscenza; Tuttavia, resta un po’ di amaro, come quando la schedina la si vince, ma si deve dividere il premio con troppi altri vincitori, talmente tanti che non rimane che la Gloria.

Personalmente, avrei attribuito il riconoscimento ai ragazzi terribili di Google, Sergey Brin e Larry Page (anche se il "Financial Times" aveva provveduto ad assegnare loro il titolo nel 2005) , che quest’anno si sono profusi in virtuosismi spericolati.
Comunque, mi prendo il premio… (anche se non posso metterlo in mostra nel salotto) e ne faccio tesoro.

domenica, dicembre 17, 2006

Borgo Pio: Borgo con Gusto

All'ombra del cupolone, nel quartiere storico di Borgo Pio, è iniziata il 15 dicembre la rassegna di eventi "Borgo con Gusto". Alla conferenza stampa di presentazione, tenutasi in uno degli edifici dell'università "LUMSA", avrebbero dovuto essere presenti il presidente della confcommercio di Roma, l'assessore Valentini ed una serie di altri esponenti che però sono rimasti bloccati all'EUR alla convention di "federlazio".
In compenso, c'erano un sacco di giornalisti (quasi tutte donne, quasi tutte ex lumsine).
Si è iniziato il 15 con il concerto Dei "Lumsa gospel singers", con la partecipazione speciale dell'attrice Maria Rosaria Omaggio e si continuerà fino al 22 con una serie di degustazioni ed iniziative enogastronomiche. La LUMSA, che vive e fa vivere Borgo Pio, partecipa, oltre che con il suo coro, anche con una mostra fotografica allestita nei locali del borgo, dagli studenti dell'ateneo. Pezzo forte dell'iniziativa è il mercatino verde Rea Silva, al quale partecipano le imprenditrici agricole del Lazio con la presentazione e la vendita dei loro prodotti biologici.
Perchè non farci un giro in questi giorni di Avvento?

qui di seguito la galleria fotografica scattata da me

giovedì, dicembre 14, 2006

Dove c'è un libro, c'è casa

le ultime dall'editoria? Notizie singolari ma tutto sommato abbastanza prevedibili, almeno per me:

Tredici miloni di cittadini senza libreria
.

Io sono una di loro.
Nel mio paese non c’è una libreria come si deve; ci sono due o tre cartolibrerie, nelle quali è più facile trovare un paio di orecchini di bigiotteria piuttosto che un buon libro.
Se volessi, se proprio fossi con l'acqua alla gola, sarebbe facile reperire una copia dell’ultimo libro di Vespa, o di Dan Brown oppure uno qualsiasi degli Harry Potter ma per quello, mi si consenta, preferisco internet.
Ciò che di bello ha un luogo come la libreria è la possibilità di esplorare, scorrere le copertine con gli occhi, prendere un libro tra le mani, soppesarlo, esaminarlo, sfogliarlo, sentirne l’odore ed in fine, sceglierlo.
Un libro non è un titolo, un libro è un oggetto con un peso, un’altezza, la larghezza, la profondità.
Un comune senza libreria, senza quindi che i suoi cittadini possano recarsi in un posto nel quale camminare tra i libri, è un comune povero.

martedì, dicembre 12, 2006

Voglia di moda


Eravamo alla fine degli anni novanta.
Il minimalismo imperava, ma era agli sgoccioli... qualcuno stava lentamente sgretolando la cortina di nero e di piatto di cui si vestivano le donne in quel periodo.
Avevamo tutti voglia di rosa, voglia di colori vivi.
Cominciammo a passare dal nero al melanzana e da li in poi, il muro crollò.
Un marchio su tutti, in quel periodo, rappresentava la voglia di nuovo, soprattutto per me.
Avevo in mente delle magliette e lui le disegnava proprio come volevo io: stesso stile, medesimi colori... fu amore a prima vista.

Sto parlando di Custo Barcelona.

qui segue una descrizione tratta dal sito Custo.it :

I fratelli Custodio e David Dalmau fondano la loro prima casa di moda all’inizio degli anni ’80, affermandosi ben presto quale marchio dotato di uno stile distintivo, originale e innovativo. L’esperienza professionale così accumulata, sia per quanto riguarda il design e la manifattura che le attività di produzione e gestione, avrebbe rappresentato il trampolino di lancio per l’avventura inaugurata nel 1996 con la creazione del nuovo marchio Custo Barcelona. La coppia sceglie di presentare la propria collezione in anteprima sul mercato americano, in un momento assai aperto all’introduzione di idee innovative. La loro intuizione si rivela fondata e ben presto i loro modelli suscitano l’attenzione dei direttori stilistici e costumisti hollywoodiani, sia del grande schermo che della televisione. I protagonisti dello “show business” iniziano così ad indossare le straordinarie T-shirt Custo Barcelona, finendo ben presto per adottarle anche nella vita privata: nasce dunque un fenomeno globale, che alcuni media statunitensi battezzano “Customanía”. Tale fenomeno attira l’attenzione degli organizzatori dell’edizione Primavera/Estate 1997 della Settimana della Moda di New York, che richiedono la partecipazione di Custo Barcelona: da allora in poi, i due stilisti presentato le loro collezioni-moda in questa sede. La loro prima sfilata, considerato il minimalismo imperante che aveva tinto di grigio le passerelle, fa sensazione: le esuberanti tonalità degli abiti Custo Barcelona, l’audace accostamento dei tessuti e l’incisività delle fantasie grafiche suscitano l’interesse dei media domestici più influenti. Lo spazio dedicato ai due da stampa e televisione determina un enorme aumento delle vendite negli Stati Uniti, incrementando l'interesse dei mercati europei e, in seguito, del resto del mondo, dove Custo Barcelona finisce per replicare il successo ottenuto negli U.S.A. L’azienda non ha smesso di ideare nuove sfide. Le T-shirt, simbolo dello stile Custo Barcelona, sono state affiancate da altri articoli, fino a creare le complete collezioni di abiti e accessori, dedicati sia al pubblico maschile che a quello femminile, attualmente presentate. La chiave del successo del duo sta in un prodotto distintivo che ha consentito a Custo Barcelona di affermarsi fra le più importanti case di moda internazionali. Al fine di continuare a produrre articoli innovativi, l’azienda ha continuato a dedicare buona parte dei propri sforzi all’esplorazione di nuove soluzioni grafiche e tecniche di stampa. Gli abiti Custo Barcelona vengono commercializzati presso punti vendita multimarchio dislocati nei cinque continenti. A partire dall'anno 2000, l'azienda ha introdotto una nuova politica: l’intenzione è quella di rivolgersi al pubblico secondo modalità più dirette, offrendogli l’intera gamma delle proprie collezioni. A tal fine, il marchio ha deciso di inaugurare una serie di punti vendita, a partire dal flagship di Barcellona. Tale strategia è in continua fase di attuazione, con quindici punti vendita già aperti ed altri in fase di pianificazione nelle più importanti città del mondo

lunedì, dicembre 11, 2006

Fate un fischio


Come fa la gente a farsi sentire?
Come fa a manifestare la propria opinione?

Nel 2006, nell'era dell'informatizzazione selvaggia: quella di youtube, myspace, flickr, nell'epoca dei blog e dei podcast, verrebbe da chiedersi com'è che il pubblico riesce a tenere per se le proprie idee...
eppure, sarà un fenomeno tutto italiano, ma qui c'è un metodo che resiste al tempo e a tutta la tecnologia del mondo: il fischio.

Che sia da "pecoraro" o da usignolo, rivolto ad una bella donna o a un politico, il fischio riassume tutto un universo di messaggi, assolutamente chiari.

Se li è presi Prodi e non si discute che di quello
e se li è presi Alagna, mentre si sgolava nell'Aida della Scala e ne ha beccati talmente tanti, da decidere di abbandonare la scena e lasciarla ad Antonello Palombi, facendone il primo Radames in jeans della storia.

E allora un fischio è capace di cambiare le cose, di scrivere pagine importanti, ha il potere di portare il mondo a girarsi da una parte e guardare proprio lì: sul di dietro di una ragazza; su di un palco importante; sulla nostra povera politica

domenica, dicembre 10, 2006

"Cars"

Vedere "Cars"!
Imperativo categorico.

Animazione pazzesca, grafica spettacolare, storia avvincente e piacevole.

Tre buoni motivi, anzi ottimi, per scoprire questo film/cartoon che non solo merita, ma pretende successo.

Evviva queste produzioni, evviva questi cartoons che sono rimasti il vero baluardo cinematografico holliwoodiano; produzioni in cui l'effetto speciale è complementare alla storia e non finisce per oscurarla o banalizzarla.
Niente strepiti, niente americanate: "Cars" è convincente dall'inizio alla fine e fa attraversare allo spettatore ogni genere di sensazione.
Perfetto per i bambini, imperdibile per gli adulti.
Io l'ho visto e so già che lo rivedrò!

sabato, dicembre 09, 2006

"diversi"


Il governo sta per fare, allora, la prima cosa davvero di sinistra in mezzo ad un calderone di scelte più o meno maldestre.
Finalmente arriva questa agognata “legge sulle coppie” che già promette fuochi d’artificio.
Dall’altra parte (quella dell’opposizione), lo sanno tutti, c’è una guerra intestina che si basa (utile sarebbe riconoscerlo) sulla leadership e sulla necessità da parte di alcune forze (UDC), di affermare la propria identità. Quale migliore occasione, se non questa legge sui pacs, per un partito di forte matrice religiosa (o presunta tale), per farsi notare sulla scena politica?

Casini tuona (anche perché ultimamente è parecchio incazzato):" i gay non possono pretendere gli stessi diritti rispetto alle coppie regolari”.

Ora, ammetto che il problema c’è; un problema etico, un problema di ordine sociale, un problema morale, ma un politico che sia tale, deve saper scegliere tra le tante espressioni possibili, quella migliore.
Casini ha scelto la peggiore.
E va bene, prendiamola così e, visto che i gay non ci piacciono gran chè, occupiamoci di questi “regolari”, cerchiamo di conoscerli più da vicino.
Scopriamo così, che basta essere una donna ed un uomo, per essere definiti “regolari”.
Che so: un settantenne che sposa una diciottenne albanese, per Casini e le forze cattoliche, è regolare.
Regolare è anche chi ha alle spalle 3, 4 matrimoni.
Insomma, dai, consoliamoci: siamo un esercito di regolari, in cui le mele marce sono i gay che, testuali parole di Casini “non possono pretendere gli stessi diritti” degli altri.
E allora, se non hanno il diritto di vedere riconosciuto legalmente il loro rapporto d’amore, perché non cominciare, piano piano, con calma, a chiedersi se questi gay abbiano anche tutta questa necessità di frequentare luoghi pubblici, di fare spesa negli stessi posti in cui fanno spesa gli altri, se abbiano, in fine, anche tutto questo bisogno di respirare?
In fondo, mica possono pretendere di avere gli stessi diritti degli altri?

Il discorso di Casini ed i cattolici che si scaglia contro i gay, ma in generale anche contro chi vuole sancire la propria unione senza un matrimonio civile o religioso, sembra voler dire che lo stato dovrebbe fare differenza tra chi abbraccia la religione cattolica e le sue tradizioni e chi, per scelta o per un’imposizione della natura (vedi i gay), invece la rifiuta.

Se Gesù diceva (e forse aveva qualche motivo) “date a Cesare quel che è di Cesare”, Casini & co non ci stanno, si impuntano, scalpitano…
Loro i gay non li vogliono discriminare, loro li tollerano, li sopportano, ma mica “possono pretendere gli stessi diritti delle coppie regolari”… e questa non è discriminazione?
Discriminare significa, appunto, fare distinzione, separare.
Se separi i gay dal resto del calderone “regolare”, non fai altro che discriminarli.
E’ una discriminazione anche nei confronti degli atei, che hanno il diritto di essere atei ma non quello di non essere cattolici fino in fondo.
Questo paese allora, deve decidere che strada prendere e lo deve fare una volta per tutte e con chiarezza: vuole separare nettamente i poteri tra stato e chiesa e liberare le persone dall’obbligo di essere cittadini ma anche cattolici, oppure vuole essere una costola dello stato Vaticano?
Io avrei già deciso ma i tempi della politica sono lunghi ed il suo linguaggio… pessimo.