
Poco fa si parlava di Lost con Emanuela.
Mi conforta sapere che lei si addormenta guardandolo, perché io questo cult serial me lo sono sempre perso volentieri.
Deve essere buono, anzi, veramente buono se se lo

Ma Lost è diventato molto più di un buon prodotto e molto più di una furbissima macchina da soldi; Lost è uno status symbol.
Seguirlo o non seguirlo fa la differenza come qualche anno fa la differenza era possedere o non possedere un telefono cellulare.
Se non guardi lost non sei nessuno.
Lost lo guarda Floris che se lo scarica da internet (perché ormai nessuno aspetta più che un programma passi in tv, che scherzi? Come si sopravvive a non sapere prima degli altri?) Lost lo guardano i giornalisti e quelli che fanno televisione, prima o poi faranno un corso di lost all’università.
Lost è la serie per un target che si autodefinisce medio-alto, quello appetibile per la pubblicità, quello dei giovani e dei professionisti, quelli che usano la tecnologia e la comprano e quelli, in fine, che fanno tendenza di mercato.
Lost è l’isola deserta più popolosa in cui un utente televisivo possa incappare; Lost è il ritrovo della civiltà produttiva, mare magnum della generazione che crea trend.
Io evidentemente sono fuori target perché ne ho visto una sola puntata e poi ho lasciato.
Sarà che ero una tra quei pochi che facevano l’una e mezza di notte per guardare x-files quando ancora nessuno sapeva bene cosa fosse e quindi di misteri ne ho visti a bizzeffe.
Sarà che mi sento smaliziata di fronte agli escamotages degli autori e che di isole e naufraghi ne ho davvero abbastanza.

E poi voto sex and the city, meraviglioso e moderno compendio sessual-amoroso, scritto con autenticità e freschezza e con quell’ironia e quella punta di rosa che regalano al mondo un colorito più sano.

1 commento:
gran bella serie altro che addormentarsi. saluti
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