domenica, novembre 26, 2006

Nelle stanze della notizia

E così sono entrata in uno dei templi dell’informazione italiana: venerdì scorso, le porte della blindatissima redazione del quotidiano “La Repubblica”, si sono aperte anche per me e per i miei compagni di corso.
Precisazione d’obbligo è che a casa mia si è sempre letto “La Repubblica” e, qualche volta, “l’unità”.
Del resto è un’ammissione (di colpa?) degli stessi giornalisti de “La repubblica”, quella di essere orientati a sinistra; lo si evince chiaramente non appena si entra al quarto piano del palazzone situato a “Largo Fochetti” (qui nella foto), si apre la porta e su uno dei muri della prima stanza che ci si ritrova di fronte, campeggia una copertina de “l’espresso” con la faccia di Berlusconi visibilmente affranta, dopo la trombatura alle elezioni.
Ma a proposito di “Largo Fochetti”, c’è anche chi, come Giuliano Ferrara, ironizza su questo indirizzo, rimodellandolo sulla base della presunta inclinazione dei giornalisti del “gruppo espresso”, ad essere in un certo qual modo “radical Chic”e da “largo Fochetti” è breve il passo a “largo Fichetti”.
Alle 9.00 del mattino non c’è ancora nessuno in redazione, c’è senz’altro però il direttore (che in questo momento è Ezio Mauro), gli addetti all’archivio e qualche giornalista che prende visione dei giornali della concorrenza, anticipando il lavoro che si andrà a fare poi, nella riunione delle 10.30, quella che nell’era di Scalfari si chiamava “messa cantata”.
Ben altra è invece l’atmosfera che si respira a repubblica radio tv.
C’è un grande fermento, i giornalisti sono già tutti al lavoro, concentrati su “radio capital”, “M2O”, il canale telematico “all music” ed il sito internet “repubblica.it”. Che che ne dica Ferrara però, non mi è parso di notare nessuna spocchia radical chic o di altro genere nei giornalisti che abbiamo incontrato e negli addetti ai lavori, giù, a repubblica radio e tv.
Sono tutti stati disponibili molto oltre le nostre speranze, ci hanno fatto da ciceroni, senza che in verità, glie lo avessimo chiesto o l’avesse fatto il nostro tutor…
Chi lo sa, magari si tratta di orgoglio per il proprio lavoro e per la propria professionalità.
Una regola dalla quale nessuno prescinde, è il “tu”.
Ogni giornalista che ho incontrato fin’ora, non solo lo ha preteso ma lo ha consigliato, sostenendo che serva a stabilire una “vicinanza” tra colleghi, tra persone che possono essere utili come “ganci”. Insomma, negli ambienti dell’informazione vige l’informalità, naturalmente nel rispetto delle gerarchie… infatti non credo proprio che Marcello Berengo Gardin (nella foto), responsabile della comunicazione istituzionale di SKY, si permetta di dare del “tu” a zio Rupert… anche se, pensandoci bene, in inglese il “lei” non esiste proprio quindi la questione è del tutto aperta.
E va bene allora, è passato un altro lungo Week-end… e mi è bastata una sola ora in più di sonno questa mattina, per riprendermi del tutto.
Adesso, grazie anche al blog, raccoglierò le idee, le codificherò e ricomincerò il mio viaggio, raccogliendo il consiglio di Alberto Lori che ha detto: “ci vuole DUM”, ovvero Darsi Una Mossa!

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