Deve essere stata una trovata di qualche dirigente scolastica frustrata o l’iniziativa di un gruppo di genitrici attiviste dell’aerobica casalinga, sta di fatto che oggi, nelle scuole americane, si deve fare i conti pure con il voto sull’indice di massa corporea.
Sono assolutamente contraria, senza forse e senza ma.
Una cosa è prendere il telefono e chiamare la mamma o il papà del bambino e avvertire che il loro figlio dovrebbe essere incoraggiato a seguire un regime alimentare ipocalorico, un altro è sentenziare su un pezzo di carta che documenta la propria carriera scolastica, quanto grasso o non grasso sei. A quando allora il voto sulla quantità di cerume nelle orecchie?
Ma allora non serve a nulla essere consapevoli di che proporzioni sia il problema dell’anoressia nel mondo?
Non si tratta di ipocrisia, ma di buon senso. Da che mondo è mondo ci sono molti modi di dire la stessa identica verità e da che mondo è mondo alcuni sono giusti, altri sono sbagliati.
La scuola (soprattutto quella americana) tende ad invadere spazi che non le competono.
I ragazzi passano a scuola gran parte del giorno ma è la famiglia che dovrebbe gestire la sensibilità dei propri figli.
La scuola dia giudizi sull’impegno, sulle attitudini, sul profitto, ma si astenga da quelli morali ed estetici.
Certo, la salute è un affare importante, ma che se ne occupino nutrizionisti, concordando dei piani strategici con i genitori, rispettando la privacy dei ragazzi, che questo voto stampato su di un documento come la pagella scolastica rischia di compromettere. Del resto, senza andare a fare analisi invasive, basta una bilancia o l’occhio nudo per capire chi ha bisogno di mangiare meno e chi no.
Si facciano allora campagne per la corretta alimentazione, ma che non la si imponga a nessuno con metodi vessatori, perché neppure la scuola ha questo diritto.
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